28 agosto 2020
Libri

La forma del silenzio di Stefano Corbetta

La forma del silenzio_stefano corbetta

Ho letto La forma del silenzio, il nuovo romanzo di Stefano Corbetta in un giorno, ma non con la frenesia di arrivare alla fine, come spesso capita quando si trova il “libro giusto”, semplicemente lasciandomi guidare dal naturale desiderio di fare luce sulla storia narrata e apprezzando ogni singola pagina scritta con delicatezza e maestria. Se dovessi scegliere la parola chiave di questo romanzo è proprio “luce”, perché senza non sarebbe possibile conoscere Leo, un bambino nato sordo che deve convivere con la difficoltà di esprimersi attraverso la lingua dei segni, nonostante non possa fare a meno di comunicare anche con gli sguardi, gli abbracci, i silenzi, i suoni che a volte escono smorzati ma che urlano sofferenza. È Anna, la sorella di 14 anni, a capirlo più di tutti, a prendersi cura di lui, a trovare un significato in ogni gesto. E sarà proprio Anna a perdere un pezzo di se stessa quando Leo scompare all’improvviso dall’Istituto Tarra, la scuola in cui i bambini sordi avrebbero dovuto imparare a parlare senza utilizzare nient’altro se non la voce. Nessuno ha sentito la richiesta di aiuto, nessuno si è accorto in tempo della scomparsa. C’era troppo buio quella sera di dicembre del 1964.

Dopo 19 anni la storia di Leo torna da quell’oscurità in cui è stata inghiottita senza lasciare traccia. Forse qualcosa non è stato detto, non è stato cercato, non è stato colpito da un fascio di luce che avrebbe potuto cambiare tante vite. A partire da quella di Anna, che non ha mai smesso di cercare il fratello tra sensi di colpa, incomprensioni e assenze. Una storia avvolta nel mistero che non lascia spazio ai colpi di scena, agli escamotage per arrivare all’ultima pagina solo per scoprire cosa sia successo quella notte, ma si lascia cullare da un intreccio di parole misurate e toccanti, a volte commoventi quando si pensa alla trasformazione di un personaggio come quello di Anna, bambina cresciuta troppo in fretta e inquieta nei confronti di una vita che non è stata facile. Anche questa volta Corbetta esplora con enorme capacità il legame tra fratelli – se non avete letto Sonno bianco, recuperate – e quella mancanza che delinea l’intera vita di chi resta, perché a volte il buio può essere più potente della luce.

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